Data pubblicazione: 17/01/2024  prot. 83 - 17/01/2024

direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione ad oggetto “Lavoro agile”

La direttiva non intende fare riferimento alla tutela della condizione di “fragilità” per come declinata nei provvedimenti del periodo pandemico bensì quello, di sensibilizzare le amministrazioni a tenere in adeguato conto, nell’ambito dell’organizzazione del personale e con pieno senso di collettività, le peculiari situazioni che in un dato momento ed entro dati limiti temporali, possano far insorgere nel dipendente la necessità di svolgere la propria attività lavorativa (ove possibile) in modalità agile, anche in termini derogatori rispetto al criterio – che resta vigente - della prevalenza della prestazione resa in presenza (come previsto nel DM 30 giugno 2022).


Presidenza del Consiglio dei Ministri
Ufficio Legislativo
del Ministro per la pubblica amministrazione

Alla omissis e, per conoscenza omissis



OGGETTO: Direttiva del Ministro per la Pubblica Amministrazione ad oggetto “Lavoro agile”.
Con la nota in argomento, è stato chiesto a questo Ufficio un chiarimento in ordine alla portata e alle modalità applicative della direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione avente ad oggetto il lavoro agile.
Sul punto, si esprimono le seguenti considerazioni condivise con il Dipartimento della funzione pubblica.
Occorre preliminarmente osservare che il decreto ministeriale 4 febbraio 2022, recante “Individuazione delle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali, fino al 28 febbraio 2022, la prestazione lavorativa è normalmente svolta in modalità agile.”, è ad oggi – in assenza di ulteriori proroghe – ormai privo di efficacia.
La vigenza delle disposizioni ivi contenute era infatti strettamente connessa allo stato di emergenza pandemica, ritenuta superata il 5 maggio 2023 dall’Organizzazione mondiale della sanità, con l’effetto di non reputarsi più necessario, allo stato, procedere aprioristicamente all’individuazione di patologie che possano dar luogo, di per sé, alla concessione del lavoro agile quale modalità “ordinaria” di svolgimento della prestazione lavorativa.
La direttiva, dunque, nell’evidenziare “la necessità di garantire, ai lavoratori che documentino gravi, urgenti e non altrimenti conciliabili situazioni di salute, personali e familiari, di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile, anche derogando al criterio della prevalenza dello svolgimento della prestazione lavorativa in presenza”, non intende fare riferimento alla tutela della condizione di “fragilità” per come declinata nei provvedimenti del periodo pandemico, bensì intende indicare ai dirigenti – e prima di costoro, ai vertici delle relative amministrazioni – la necessità di individuare tutte quelle circostanze contingenti, temporanee e connotate da un carattere di gravità ed urgenza che, nel rispetto delle esigenze organizzative delle amministrazioni e attraverso lo strumento dell’accordo individuale, rendono ammissibile il ricorso al lavoro agile in maniera più espansa rispetto al suo normale utilizzo.
L’obiettivo che si intende perseguire, dunque, è non già quello di riprodurre il sistema previgente, che era giustappunto riferito ad una elencazione di patologie che davano luogo, tout court, alla concessione, sine die, del lavoro agile quale modalità di svolgimento della prestazione, bensì quello di sensibilizzare le amministrazioni a tenere in adeguato conto, nell’ambito dell’organizzazione del personale e con pieno senso di collettività, le peculiari situazioni che in un dato momento ed entro dati limiti temporali, possano far insorgere nel dipendente la necessità di svolgere la propria attività lavorativa (ove possibile) in modalità agile, anche in termini derogatori rispetto al criterio – che resta vigente - della prevalenza della prestazione resa in presenza (come previsto nel DM 30 giugno 2022).
. Si pensi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, ai soggetti immunodepressi per i quali sia sconsigliato l’utilizzo di mezzi pubblici in periodi di picchi influenzali, ai soggetti sottoposti a terapie salvavita per la durata della terapia stessa, ai genitori di figli piccoli che siano, ad esempio, costretti a casa per un periodo di tempo limitato per ragioni di salute certificate, o anche a soggetti con un disabile in famiglia o con un componente del nucleo affetto da morbilità che necessiti, in particolari contingenze (gravi, comprovate e temporanee), di assistenza continua non altrimenti assicurabile attraverso gli ordinari strumenti di tutela già fruibili a legislazione vigente.
Ne discende che, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 18, della legge n. 81 del 2015, ai fini della direttiva in oggetto non è la patologia in sé, né la condizione di caregiver, né la qualità di genitore di figli minori di una certa età a fondare la richiesta di un accordo individuale che preveda lo svolgimento prevalente della prestazione in modalità agile, bensì le esigenze temporanee che in virtù di tali condizioni possono generarsi e che il datore di lavoro deve, nei limiti organizzativi e tenendo necessariamente conto delle prevalenti esigenze istituzionali, tenere in necessaria e adeguata considerazione.
In sostanza, ciò che viene in primo luogo richiesto alle amministrazioni, è l’utilizzo del buon senso nella concessione dell’istituto, valutando, caso per caso, quali tra le situazioni rappresentate (e certificate) da parte dei lavoratori, possano dar luogo, tenuto conto delle esigenze organizzative degli uffici, allo svolgimento temporaneo della prestazione in modalità agile, oltre i limiti della prevalenza della prestazione resa in presenza e comunque sempre nell’ambito di un accordo individuale.
È evidente, con particolare riferimento alla ipotesi di richieste basate sulla esistenza di una patologia, che la stessa debba essere adeguatamente certificata e sottoposta alla valutazione del medico competente, il quale, del tutto indipendentemente dall’eventuale pregressa fruizione del lavoro agile disposto in quanto “lavoratore fragile”, ben potrà valutare la sussistenza – o meno - del rischio nell’esecuzione del lavoro in presenza.
In riferimento ai restanti aspetti, preso atto, ove necessario, delle determinazioni del medico competente, la valutazione circa l’apprestabilità della tutela in favore del lavoratore, in nulla differisce rispetto ad ogni altra valutazione sulle esigenze e richieste del personale che il dirigente è tenuto ad effettuare nell’ambito dell’organizzazione dell’ufficio cui è preposto, bilanciando la tutela della salute e della conciliazione vita-lavoro dei dipendenti con le esigenze di buon funzionamento dell’ufficio medesimo.
In sintesi, a cambiare non è il paradigma già consolidato nell’ambito del lavoro pubblico - ovvero quello di utilizzare il lavoro agile non solo come strumento di delocalizzazione ma anche di supporto per i lavoratori nell’ambito delle esigenze di tutela della salute e di cura della famiglia -, ma la modalità attraverso la quale questo paradigma viene declinato, consentendo un ampliamento temporaneo del suo utilizzo al ricorrere di situazioni rilevanti, certificabili e contingenti.
Il caposaldo di tale flessibilità organizzativa è, in ogni caso, l’accordo individuale, nell’ambito del quale il dirigente dovrà individuare, come oggi accade in ogni caso, gli obiettivi della prestazione lavorativa e i criteri per la sua valutazione.

Il Capo dell’Ufficio
F.to Dott. Francesco Radicetti

ULM_FP-0000083-P-17/01/2024