Data pubblicazione: 23/12/2022  prot. 45176 - 01/06/2022

parere sulla durata dell’aspettativa prevista dall’art. 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Il periodo di collocamento in aspettativa, ex art. 23-bis DLgs 30.3.2021 n. 165, deve essere interpretato nel senso di ritenere che ad un primo periodo di massimo 5 anni ne possa seguire un altro di pari durata, inteso come rinnovo di una sola volta.




Al Ministero ***************



Oggetto: parere sulla durata dell’aspettativa prevista dall’art. 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.


Si fa riferimento al quesito posto con nota n. 61002 dell’11 maggio 2022, acquisito con protocollo di questo Dipartimento n. 38721 del 12 maggio 2022, con cui codesto M****** chiede chiarimenti circa la durata dell’aspettativa di cui all’art. 23-bis, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in relazione alle modiche apportate dall’art. 4, comma 1, lett. b), della legge 19 giugno 2019, n. 56, secondo cui “……il periodo di collocamento in aspettativa di cui al comma 1 non può superare i cinque anni, è rinnovabile per una sola volta….”.

Nel porre il quesito, si prospettano due possibili soluzioni interpretative: la prima, orientata a contenere la possibilità di un unico rinnovo nel limite massimo del quinquennio, la seconda volta, invece, a ritenere - sulla base di una interpretazione teleologica – che ad un primo periodo massimo di cinque anni ne possa seguire un altro, di pari durata.

A parere dello scrivente – pur evidenziando che la modifica normativa con cui è stata introdotta nell’ambito del comma 4 dell’art. 23-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001 la possibilità di rinnovo è frutto di emendamento parlamentare, senza una puntuale relazione illustrativa - la seconda opzione interpretativa proposta appare più aderente allo spirito della novella disposta mediante le previsioni dell’art. 4 della richiamata legge n. 56 del 2019 per le motivazioni di seguito illustrate.

il tenore letterale della norma e l’inserimento delle parole “e rinnovabile per una sola volta” dopo il riferimento alla durata del periodo massimo di cinque anni inducono a ritenere ammissibile l’ipotesi di aggiungere un ulteriore periodo di 5 anni di aspettativa, con la conseguenza che la durata massima di fruizione è quindi determinata in 10 anni;
il comma 2 del medesimo articolo 4 della legge n. 56 del 2019 prevede un intervento di medesima portata e formulazione circa la durata dell’aspettativa, come disciplinata dall’art. 18, comma 1, della legge n. 183 del 2010, per lo svolgimento da parte dei pubblici dipendenti dell’attività professionali e imprenditoriali. Tale circostanza concorre a far ritenere che con le novelle disposte dall’art. 4 della legge 19 giugno 2019, n. 56 il legislatore abbia inteso intervenire in entrambi i casi per estendere la durata dei periodi di aspettativa fruibili ai fini dell’art. 18 del collegato lavoro e dell’art. 23-bis del d.lgs. n. 165/2001. L’accoglimento di una linea interpretativa orientata a limitare la portata della novella alla possibilità di un solo rinnovo nel perimetro dei 5 anni - per il caso dell’aspettativa prevista dall’art. 23-bis o dei 12 mesi nel caso dell’aspettativa prevista dall’articolo 18 della legge n. 183 del 2010 - finirebbe, infatti, col vanificare la portata innovativa dell’intervento normativo del 2019.

Tanto si rappresenta per le conseguenti determinazioni di codesto Ministero.



IL DIRETTORE DELL’UFFICIO
Riccardo Sisti