Data pubblicazione: 26/03/2025  prot. 22982 - 26/03/2025

parere in merito alla validità dei provvedimenti di cessazione dal servizio adottati dalle Amministrazioni prima dell’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 162 e 163, della legge 30 dicembre 2024, n. 207.

A decorrere dal 1° gennaio 2025, il limite ordinamentale per il collocamento a riposo nelle pubbliche amministrazioni è elevato a 67 anni di età. Pertanto, non sono validi i provvedimenti di cessazione dal servizio adottati entro il 31 dicembre 2024 - ai sensi del combinato disposto dell’articolo 24, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011 e dell’articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 101 del 2013 - nei confronti di coloro che, alla data del 31/12/2024, non avevano ancora raggiunto i 65 anni di età. Gli stessi dovranno rimanere in servizio fino al raggiungimento del nuovo limite ordinamentale, salvo dimissioni volontarie.

Al Comune di omissis

 

Oggetto: parere in merito alla validità dei provvedimenti di cessazione dal servizio adottati dalle Amministrazioni prima dell’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 162 e 163, della legge 30 dicembre 2024, n. 207.

 

 

Si fa riferimento al quesito posto con la nota prot. n. omissis, acquisita in pari data con protocollo DFP n. omissis, con la quale si chiede “se si possano intendere confermati i provvedimenti di cessazione dal servizio già adottati nel corso del 2024 per i dipendenti che hanno maturato i requisiti contributivi (41 anni 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini) entro il 31.12.2024, ma che maturano i requisiti anagrafici (65 anni) nel corso del 2025”, alla luce delle novità introdotte dai commi 162 e 163 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2024, n. 207.

 

Come noto, l’articolo 1, comma 162[1], lettera b) della legge 30 dicembre 2024, n. 207, ha introdotto, all’articolo 24, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il seguente periodo: «Per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, restano fermi i limiti ordinamentali previsti  dai  rispettivi  settori  di appartenenza che dal 1° gennaio 2025 si intendono elevati, ove inferiori, al requisito anagrafico per il raggiungimento della pensione di vecchiaia di cui al comma 6 del presente articolo».

 

 

 

 

In aggiunta a tale previsione, il successivo comma 163 della citata legge n. 207 del 2024 ha abrogato il comma 5 dell'articolo 2[2] del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Ne consegue che, a seguito di tale abrogazione, a partire dal 1° gennaio 2025, è venuto meno l’obbligo per le Pubbliche Amministrazioni di collocare a riposo i propri dipendenti al compimento dei 65 anni di età, qualora questi abbiano maturato, a tale data, i requisiti per il diritto al trattamento pensionistico anticipato (e dunque, 42 anni e 10 mesi per gli uomini, e 41 anni e 10 mesi per le donne).

 

Su tale nuovo quadro normativo è intervenuta la recente direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione, pubblicata lo scorso 20 gennaio, con la quale sono state fornite alcune  indicazioni applicative del ricorso al trattenimento in servizio del personale, dirigenziale e non dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche di cui si renda necessario continuare ad avvalersi anche per far fronte ad attività di tutoraggio e di affiancamento ai nuovi assunti e per esigenze funzionali non diversamente assolvibili.

 

Nello specifico, si osserva che la predetta direttiva ha chiarito che il comma 162 della legge n. 207 del 2024, alla lettera a) ha abrogato l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di collocare a riposo d’ufficio i dipendenti che hanno maturato, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto alla pensione al raggiungimento del limite ordinamentale e, alla lettera b), ha innalzato il predetto limite ordinamentale, a decorrere dal 1° gennaio 2025, a 67 anni di età. Ciò posto, ne consegue che restano confermati i provvedimenti di cessazione dal servizio già adottati dalle amministrazioni per i dipendenti che hanno maturato il diritto alla pensione alla data del 31 dicembre 2024, cioè in presenza del previgente limite ordinamentale di 65 anni di età”.

 

Da ciò si desume, quindi, che non possano essere considerati coerenti con il quadro di riferimento sopra illustrato quei provvedimenti adottati entro il 31 dicembre 2024 - ai sensi del combinato disposto dell’articolo 24, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011 e dell’articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 101 del 2013 - nei confronti di coloro che, alla data del 31/12/2024, non avevano ancora raggiunto il previgente limite ordinamentale dei 65 anni di età, i quali, dunque, dovranno rimanere in servizio fino al raggiungimento della nuova soglia anagrafica introdotta dall’articolo 1, comma 162, della legge n. 207 del 2024, fatta salva la possibilità di rassegnare dimissioni volontarie.

 

Il Direttore dell’Ufficio

Alfonso Migliore

Documento firmato digitalmente

ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale

 


[1] Art. 1, comma 162, cit: “All'articolo 24, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al secondo periodo, le parole: «, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori  di  appartenenza,»  sono soppresse; b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, restano fermi i limiti ordinamentali  previsti  dai  rispettivi  settori  di appartenenza che dal 1° gennaio 2025 si intendono elevati, ove inferiori, al requisito anagrafico per il raggiungimento della pensione di vecchiaia di cui al comma 6 del presente articolo»

[2] Art. 2 comma 5 cit:L'articolo 24, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento a riposo d'ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso, non è modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all'interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione.”